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28-02-2016
Il pignoramento del conto corrente condominiale

Conto Corrente condominiale

L'art. 1129, comma 7, cod. civ., come risulta dopo la modifica introdotta dalla legge di riforma della disciplina condominiale (legge 220 dell’11 dicembre 2012), stabilisce che l'amministratore è obbligato a fare transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio, e che ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica.

La codificazione dell'obbligo di aprire uno specifico conto corrente per ciascun edificio, in modo da evitare di fare uso di un unico conto corrente per più edifici o, peggio ancora, di effettuare le operazioni relative alla gestione condominiale facendole transitare sul conto corrente personale dell'amministratore, in realtà non ha fatto altro che riproporre una regola da tempo impostasi nella prassi e affermata in più occasioni anche dalla giurisprudenza,(1) mentre nel periodo precedente vi era stato meno rigore sul punto.(2)

La precedente ordinaria prassi sull'apertura di uno specifico conto corrente condominiale – infine avvallata pure da un parere emesso dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana) nei primi anni 2000, il quale ha affermato, al fine di una corretta gestione condominiale, l'opportunità per l’amministratore di aprire sempre uno specifico conto corrente intestato al condominio e destinato alle somme relative all’amministrazione dell’edificio, in quanto così si evita di confondere il patrimonio che fa capo al condominio con altri patrimoni, come quello personale dell’amministratore, con tutte le conseguenze pericolose che ne possono derivare (parere n. 850) – è infine diventata regola operativa espressamente prevista dalla disciplina condominiale e adesso la normale esistenza di un conto corrente condominiale nel quale vengono a confluire, in maniera continuativa, le rimesse effettuate dai condomini ha fatto sorgere il quesito se il conto corrente sia pignorabile da parte dei creditori del condominio.

Pignorabilità del conto corrente

Il dubbio sulla pignorabilità del conto corrente condominiale – che costituisce senza dubbio un notevole vantaggio per il creditore (il quale così può recuperare il suo credito evitando di dovere promuovere singole esecuzioni, pro quota, a carico di ciascun condomino), ma rappresenta nel contempo un grave pericolo per i condomini-debitori (che in tale modo possono trovarsi nella spiacevole situazione di essere chiamati a rispondere dei crediti condominiali anche dopo avere versato tempestivamente le proprie rate di spese di amministrazione) – si pone in particolare a causa della previsione, contenuta nel nuovo comma 2 dell'art. 63 disp. att. cod. civ., secondo cui i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini. Questa disposizione infatti è stata introdotta per tutelare appunto i condomini in regola coi pagamenti delle rispettive quote, stabilendo, a tale fine, che il creditore può agire esecutivamente nei loro confronti soltanto dopo avere tentato, senza successo, di eseguire il proprio credito – sempre pro quota (almeno così si deve ragionevolmente supporre; la disposizione infatti non fornisce precisazioni sul punto) – nei confronti dei condomini morosi.

La giurisprudenza sulla pignorabilità

Sul problema della pignorabilità del conto corrente condominiale si deve adesso registrare – dopo un iniziale contrasto dovuto peraltro a un’unica decisione negativa – un orientamento favorevole a essa, che col tempo si è imposto.

Va però osservato che tutte le decisioni finora note in materia sono di merito.

L'unica decisione contraria, come si diceva prima, è costituita da Trib. Pescara, ord. 18 dicembre 2013, giudice esecuzione Fortieri, che ha dichiarato inammissibile il pignoramento del conto corrente condominiale, senza che, da parte del creditore, si sia preventivamente provveduto all'escussione dei condomini morosi.

Nella motivazione il Tribunale ha richiamato innanzi tutto la sentenza della Cassazione, a Sezioni Unite, n. 9148 dell'8 aprile 2008, che ha affermato il principio di parziarietà delle obbligazioni contrattuali dei condomini verso i terzi; poi ha rilevato che la legge di riforma del condominio ha modificato l'art. 63, comma 2, disp. att. cod. civ., che adesso prevede una legittimazione del creditore ad agire nei confronti dei condomini che siano in regola con i pagamenti, ma solo dopo l'escussione degli altri condomini morosi, con la conseguenza che la preventiva escussione richiede comunque l'esaurimento effettivo della procedura esecutiva individuale in danno del condomino moroso, prima di potere pretendere l'eventuale residuo insoddisfatto dal condomino in regola. Poiché, nel caso concreto, la creditrice non aveva né documentato, né dedotto di avere preventivamente escusso i condomini morosi e neppure di averne richiesto i nominativi all'amministratore, il Tribunale ha disposto la sospensione dell'esecuzione con condanna della creditrice al pagamento delle spese della fase cautelare a favore del condominio opponente.

Tutte le altre decisioni note invece si sono mostrate favorevoli alla pignorabilità del conto corrente condominiale.

La prima di esse è stata emessa dallo stesso Tribunale di Pescara: Trib. Pescara, ord. 27 marzo/2 aprile 2014, giudice esecuzione Capezzera, secondo cui è ammissibile l'azione esecutiva nei confronti del condominio, nella forma del pignoramento del conto corrente condominiale, in quanto nessuna norma stabilisce l'onere di preventiva escussione dei condomini rispetto a un'azione esecutiva validamente intrapresa nei confronti del condominio medesimo. La motivazione dell'ordinanza, che ha rigettato l'istanza di sospensione condannando il condominio opponente alle spese del giudizio di opposizione, ripropone le medesime argomentazioni della decisione, di poco successiva, che segue.

Nello stesso senso infatti Trib. Pescara, ord. 8 maggio 2014, giudice esecuzione Capezzera, che ha dichiarato ammissibile il pignoramento del conto corrente condominiale da parte del terzo creditore che intraprende l'esecuzione forzata, perché nessuna norma stabilisce l'onere di preventiva escussione del condomino rispetto a un’azione esecutiva esercitata nei confronti del condominio e ciò viene confermato dal fatto che, altrimenti, la disposizione avrebbe sancito la parziale impignorabilità del conto corrente condominiale, parziale in quanto subordinata all’escussione del condomino moroso, mentre la norma nulla dispone sul punto. Inoltre la norma non specifica se il creditore deve dimostrare di avere soltanto cercato di escutere il debito nei confronti del condomino moroso per potere agire nei confronti del condominio, o se deve dimostrare di avere escusso, seppure pro quota, il patrimonio del condomino moroso. Il Tribunale ha pure ricordato la recente sentenza della Suprema Corte n. 3636 del 17 febbraio 2014, secondo cui il condominio si pone, nei confronti dei terzi, come soggetto di gestione dei diritti e degli obblighi dei singoli condomini relativi alle parti comuni e il suo amministratore assume la qualità di rappresentante necessario della collettività dei condomini sia nella fase di assunzione di obblighi verso terzi per la conservazione delle cose comuni, sia, all'interno della collettività condominiale, come unico referente dei pagamenti a essi relativi, in modo che non è idoneo a estinguere il debito pro quota del singolo condomino il pagamento diretto eseguito a mani del creditore del condominio, quando il creditore dell'ente di gestione non si sia a sua volta munito di titolo esecutivo nei confronti del singolo condomino. In ultimo il Tribunale ha osservato che il creditore aveva pure dimostrato di essersi attivato, però infruttuosamente, per ottenere i nominativi dei condomini morosi (addirittura ottenendo un’ordinanza ex art. 700 cod. proc. civ. che obbligava l'amministratore condominiale opponente a consegnare l'elenco dei condomini morosi) e così ha respinto l'istanza di sospensione dell'esecuzione in corso e condannato il condominio opponente al rimborso delle spese del giudizio relativo all’istanza di sospensiva.

Anche con la decisione Trib. Reggio Emilia, ord. 14/16 maggio 2014, di poco posteriore, è stato affermato che l'art. 63, comma 3 (in realtà comma 2), disp. att. cod. civ. non esclude affatto che, ove il creditore individui beni riferibili al condominio, non possa aggredirli direttamente, senza dovere prima procedere all'escussione dei singoli condomini, secondo un criterio ordinario di responsabilità patrimoniale previsto dall'art. 2741 (in realtà 2740) cod. civ., che considera il debitore obbligato a fare fronte ai propri debiti con tutte le risorse allo stesso riferibili. Infatti qualora il condominio, nella propria attività di gestione, costituisca fondi per l'amministrazione del bene, la concretizzazione del vincolo di destinazione impresso su di essi determina una sottrazione della disponibilità dai condomini e la concentrazione di essa esclusivamente in capo al condominio che, ove soggetto obbligato, risponde nei confronti dei propri creditori con i beni così accantonati, mentre, nel caso inverso in cui tali fondi non siano presenti, il creditore del condominio ha titolo per il recupero del proprio credito nei confronti dei singoli condomini, per le rispettive quote, salvo il rispetto del limite stabilito dalla norma a favore dei condomini diligenti.

Di nuovo con la decisione Trib. Catania, ord. 26 maggio 2014, è stato ritenuto ammissibile il pignoramento del conto corrente condominiale, rilevando: che le statuizioni rese dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 9148/2008 si possono ormai ritenere superate dalla successiva disciplina normativa dettata in materia di condominio dall'art. 63 disp. att. cod. civ. e in ogni caso da altre decisioni emesse in materia dalla stessa Suprema Corte; che in particolare la riforma del condominio ha introdotto la “solidarietà sussidiaria” delle obbligazioni condominiali (nel senso che i creditori possono agire con l'esecuzione forzata nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti soltanto se prima hanno tentato l'escussione degli altri condomini che invece sono morosi); che la stessa Suprema Corte ha più volte affermato che il condominio, sebbene privo di soggettività giuridica, si configura come centro di imputazione di interessi diverso dal condomino e che è pienamente configurabile la responsabilità extracontrattuale del condomino anche nei confronti del condominio; che il conto corrente condominiale, secondo la legislazione attuale, è soltanto un conto corrente su cui vanno a confluire le somme versate dai condomini, mentre va escluso che su di esso possa ritenersi impressa una specifica destinazione; che, quando tutti i condomini si devono supporre morosi – perché l'amministratore non ha dimostrato che sul conto corrente condominiale non vi sono somme di pertinenza dei condomini morosi, mediante la produzione del registro di contabilità condominiale previsto dall'art. 1130, n. 7, cod. civ. o degli estratti conto della banca – allora non si pone neppure alcun problema di violazione della disposizione dettata dall'art. 63 disp. att. cod. civ. e il saldo del conto può essere assegnato a soddisfazione del credito vantato dal creditore procedente.

Ancora con Trib. Milano, ord. 27 maggio 2014 (in giudizio Rg. 16553/2012), è stato deciso che il pignoramento del saldo del conto corrente condominiale da parte del creditore è volto a soddisfare in via esecutiva la sola obbligazione per l'intero gravante sull'amministratore e non interferisce col meccanismo del beneficio di escussione previsto dall'art. 63, comma 2, disp. att. cod. civ., il quale è posto a presidio unicamente dei distinti obblighi pro quota spettanti ai singoli. Nella decisione è stato affermato: che, prima della riforma della disciplina del condominio, secondo la giurisprudenza pacifica, il titolo ottenuto nei confronti del condominio poteva essere azionato nei confronti del singolo condomino; che l'obbligo previsto dal riformato art. 1129, comma 7, cod. civ., di aprire un apposito conto corrente per il deposito delle somme relative alla gestione condominiale, comporta che esse costituiscono un patrimonio autonomo del condominio; che quindi tutti i contributi versati dai partecipanti si confondono con le altre somme già ivi esistenti, andando perciò a integrare quel saldo che è a immediata disposizione del correntista “condominio”, senza che mantenga alcun rilievo lo specifico titolo dell’annotazione a credito, né la provenienza della provvista dall’uno o dall’altro condomino; infine che il pignoramento del saldo del conto corrente condominiale da parte del creditore è volto di conseguenza a soddisfare in via esecutiva la sola obbligazione per l’intero gravante sull’amministratore e non interferisce col meccanismo del beneficio di escussione previsto dall’art. 63, comma 2, disp. att. cod. civ., il quale è posto a presidio unicamente dei distinti obblighi pro quota spettanti ai singoli condomini.

Sempre nello stesso senso: Trib. Brescia 30 maggio 2014 e Trib. Milano, ord. 2 luglio 2014.

L'ultima decisione nota in argomento è la sentenza Trib. Ascoli Piceno n. 1287 del 26 novembre 2015, pure favorevole alla pignorabilità del conto corrente. Nella sua motivazione il Tribunale ha ricordato che le Sezioni Unite, con la sentenza n. 9148/2008, avevano sostenuto, in contrasto peraltro con l'orientamento predominante fondato sui principi previsti dal codice civile in materia di obbligazioni solidali, la natura parziaria delle obbligazioni contratte dall'amministratore e riferibili alla cosa comune, stabilendo che esse non vincolassero in solido i condomini, tenuti quindi a rispondere unicamente nei limiti della rispettiva quota; ma che dopo è intervenuto il legislatore con la legge 220/2012, ristabilendo con chiarezza la natura solidale e non parziaria delle obbligazioni condominiali, mediante la modifica dell'art. 63, comma 2, disp. att. cod. civ., che consente comunque al creditore di agire pure contro i condomini diversi da quelli morosi, seppure soltanto dopo avere tentato (infruttuosamente) di escutere i condomini morosi, determinando così un’obbligazione solidale con previsione di una sussidiarietà tra le varie obbligazioni e quindi un beneficio di escussione; tuttavia tale beneficio di escussione si deve ritenere limitato a favore esclusivo dei condomini in regola con i pagamenti e non anche del condominio, dal momento che il condominio costituisce un mero ente di gestione privo di personalità giuridica e che la stessa legge che ha riformato l'art. 63 disp. att. cod. civ. ha introdotto, mediante l'art. 1129, comma 7, cod. civ., l'obbligo per l'amministratore di fare transitare tutte le somme relative alla gestione condominiale su uno specifico conto corrente e, mediante l'art. 1129, comma 12, n. 4, cod. civ, il divieto per l'amministratore di gestire le somme secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell'amministratore o di altri condomini, facendo così – in entrambe le disposizioni menzionate – riferimento alla nozione di un “patrimonio del condominio” separato e distinto da quello dei singoli condomini, con la conclusione che le somme depositate sul conto corrente condominiale costituiscono un patrimonio autonomo dell'ente di gestione, che può essere validamente oggetto di esecuzione forzata in via principale da parte dei creditori.

Questa conclusione viene confermata dalla lettera dell'attuale art. 63, comma 2, disp. att. cod. civ., che, pur introducendo contestualmente le modifiche all'art. 1129 cod. civ., non contempla in modo espresso il beneficio di escussione anche per quanto riguarda le somme presenti sul conto corrente intestato al condominio. Infine il Tribunale ha rilevato che non può essere condivisa l'obiezione secondo cui le somme depositate sul conto corrente potrebbero anche essere state versate dai soli condomini in regola coi pagamenti, perché tutte le somme che vengono depositate sul conto corrente condominiale, dopo che sono affluite su di esso, non possono più essere distinte dal resto del denaro presente per quanto riguarda sia la provenienza, sia la destinazione.

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